Il 2025 è stato un anno cruciale per i trust esteri.
Due interventi, in particolare, hanno segnato la linea:
- le risposte a interpello n. 144 e n. 145 dell’Agenzia delle Entrate, che hanno chiarito il trattamento fiscale dei redditi e l’autonomia dei trust esteri;
- la sentenza n. 18084/2025 della Cassazione, che ha stabilito i limiti di opponibilità del trust in caso di fallimento del disponente.
Insieme, queste pronunce mostrano come fisco e giurisprudenza italiana cerchino di bilanciare l’uso dei trust tra esigenze di pianificazione e tutela di creditori e Stato.
Cos’è un trust e come funziona
Il trust è un istituto nato nei Paesi di common law e riconosciuto in Italia dal 1992 con la ratifica della Convenzione dell’Aja (1985).
Funziona così:
- il disponente trasferisce parte del patrimonio a un trustee (gestore fiduciario);
- il trustee amministra quei beni non per sé, ma per i beneficiari, secondo le regole stabilite nell’atto istitutivo;
- talvolta un protector vigila sul trustee.
Effetto principale: segregazione patrimoniale. I beni in trust non fanno parte del patrimonio del disponente, né di quello del trustee o dei beneficiari, e in linea di principio non possono essere aggrediti dai loro creditori.
Il caso degli interpelli 144 e 145/2025
Struttura del trust
- regolato dalla legge inglese;
- trustee: società maltese autorizzata;
- protector: avvocato italiano indipendente;
- investment adviser: società svizzera autorizzata;
- beneficiari: moglie, figlia e discendenti;
- durata: 125 anni;
- disponente escluso da ogni beneficio (excluded person).
Dividendi: niente equiparazione alle società
- I dividendi distribuiti a non residenti sono tassati al 26%.
- Per società UE/SEE è prevista la riduzione all’1,20%.
- Il trustee sosteneva che il trust, fiscalmente assimilato a società a Malta, dovesse beneficiare della riduzione.
- L’Agenzia ha risposto no: il trust non ha forma societaria → dividendi tassati al 26%.
Plusvalenze: esenzione confermata
- Le plusvalenze su azioni italiane non sono tassate se il soggetto è residente in un Paese white list.
- Poiché il trust è effettivamente soggetto a imposta a Malta, l’Agenzia ha riconosciuto l’esenzione → plusvalenze non tassate in Italia.
Interpello 145/2025: il rischio di interposizione
Quando un trust è “interposto”
Si parla di interposizione quando il disponente non si è davvero spossessato dei beni e continua a controllarli. In tal caso, il trust è solo una “scatola vuota” e i redditi si tassano in capo al disponente.
Il caso concreto
- disponente escluso dai benefici;
- trustee con pieni poteri;
- protector indipendente con facoltà di rimuovere il trustee;
- disponente senza poteri di revoca.
L’Agenzia ha riconosciuto un effettivo spossessamento. Il trust è soggetto autonomo, non interposto.
La Cassazione (sent. 18084/2025): trust e fallimento
Parallelamente, la Suprema Corte ha affrontato il tema dell’opponibilità del trust in caso di fallimento del disponente.
Il principio affermato
Le ragioni dei creditori prevalgono su quelle del trust.
Le regole stabilite
- L’atto istitutivo e i conferimenti devono avere data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento (art. 2704 c.c.).
- Per gli immobili serve anche la trascrizione.
- Le norme italiane a tutela dei creditori (art. 45 legge fallimentare, azione revocatoria) si applicano anche ai trust regolati da leggi straniere.
- I giudici devono valutare la causa concreta e la meritevolezza del trust: se serve solo a frodare i creditori, è inopponibile.
Conclusione: il trust non è uno scudo assoluto contro i creditori.
Perché queste pronunce contano
Dal 2025 emergono quattro insegnamenti:
- Trattamento fiscale: niente agevolazioni sui dividendi, ma esenzione possibile sulle plusvalenze se in Paesi white list.
- Autonomia fiscale: un trust ben strutturato, con disponente escluso e governance indipendente, è riconosciuto come soggetto autonomo.
- Tutela dei creditori: anche i trust validi devono rispettare le regole italiane sull’opponibilità. In caso di fallimento, i creditori prevalgono.
- Meritevolezza: il discrimine è la serietà della struttura e delle finalità, sia sul piano fiscale che concorsuale.
Conclusione
Il 2025 ha segnato un punto di svolta:
- l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che i trust seri e strutturati sono riconosciuti e rispettati;
- la Cassazione ha riaffermato che i creditori non possono essere sacrificati da trust usati come schermi di protezione indebita.
In sintesi, il messaggio che arriva è duplice:
- i trust possono essere strumenti validi di pianificazione patrimoniale e fiscale;
- ma devono essere costruiti con trasparenza e nel rispetto delle regole italiane, perché altrimenti rischiano di essere ignorati dal fisco e dai giudici.